Una delle più controverse questioni relativamente al web sta proprio nell’utilizzo di alcuni termini piuttosto che altri. Ho riflettuto a lungo sulla scelta di termini come produzione di contenuti nel caso di articoli per un blog o un qualsiasi sito, ma alla fine fine mi sono chiesto: perché mai non dovrebbe essere così?
Una domanda simile me la sono posta a metà febbraio in Storytelling: arte o artigianato? prendendo spunto da una citazione di Erik Spiekermann. In quest’ottica e premesso (Spoiler) che io non mi reputo un artista, la risposta è scontata. I content manager oggi sono i nuovi (ce ne dovrebbero essere anche di vecchi?) artigiani. Il concetto stesso di artigianato non è mutato. È mutato il raggio d’azione dell’artigianato e l’impatto che ha nelle organizzazioni.
Il pregiudizio alla base della riflessione sono effettivamente due. Il primo sta nel limitare il concetto di artigianato alla produzione fisica e al lavoro manuale. Il secondo sta nell’appioppare ad attività come il disegno o la scrittura esclusivamente finalità artistiche. E non stiamo neppure parlando di fraintendimenti nell’epoca del web. Negli anni 70 non scrivevamo lettere per i propri stakeholders? Sicuramente allora la mole di contenuti non era la stessa di oggi. Non solo non esisteva internet, non erano nemmeno diffusi i computer come oggi li conosciamo.
Sono cambiati gli strumenti, e con loro l’impatto quantitativo e la penetrazione che il content management ha nella vita delle organizzazioni
Ma il succo del discorso non cambia. Quindi perché scrittura e disegno non possono essere considerate come attività anche al di fuori della loro declinazione artistica? Come tra i fabbri alcuni possono essere definiti artisti, mentre molti sono artigiani, il medesimo approccio va riservato al web writer.
È in ogni caso più difficile trovare dei limiti definiti al concetto di arte piuttosto che a quello di artigianato, all’interno del quale non possiamo escludere queste (non) nuove professioni.